Nel 1890 Bartolo Longo diede vita all’Osservatorio Meteorologico-Geodinamico-Vulcanologico, il cui primo direttore fu il Prof. Francesco Denza, barnabita. La struttura, oggi non più funzionante, era molto nota e apprezzata nel mondo per tutta la prima metà del Novecento. Ciò che ne resta è sistemato al primo piano della palazzina, nel Museo Vesuviano, al quale si accede attraverso il secondo ingresso, posto sul retro di quello del villino. Il dotto sacerdote napoletano Giovanni Battista Alfano, membro di varie accademie italiane e straniere, autore di monografie e apprezzati volumi sul Vesuvio e sulla sismologia in generale, ne fu il direttore, dal 1906 al 1933, per volere dello stesso Longo. È per questo che il Museo è oggi dedicato a lui. In esposizione vi è un gran numero di campioni di rocce, lave e minerali, stampe, acquerelli, fotografìe, quadri a olio e riproduzioni che hanno per soggetto le successive eruzioni del Vesuvio dal 79 d.C. fino al 1944 e altro materiale relativo al vulcano campano.
Storia e Arte
Storia e Arte
Il Villino, sito in Via Colle San Bartolomeo, è una costruzione di stile neoclassico che risale al XIX secolo. Fu la dimora, negli ultimi anni della sua vita, del fondatore del Santuario di Pompei che l'acquistò il 23 maggio 1896 con atto del notaio Nappi. Inizialmente, si trattava di “un fondo rustico posto in territorio di Scafati, frazione di Valle, in luogo detto Lapillo, con un fabbricato di quattro stanze, scantinati, cisterne, giardino ed altri accessori, chiuso da mura oltre una striscia di terreno”; e fu acquistato al costo di 13.000 lire. Con atto del notaio Fienga, del 20 maggio 1922, Bartolo Longo donò la costruzione alla Santa Sede, nella persona del Card. Augusto Silj. Dopo la morte del Beato (5 ottobre 1926), l'immobile fu adibito a varie attività del Santuario, come la casa-famiglia per le orfanelle, il Seminario e la scuola elementare parificata. In seguito, per sopravvenute esigenze di spazio, la costruzione fu sopraelevata. Danneggiato dal sisma del 1980, l'edificio è stato consolidato e riportato alla sua struttura originaria nel 1985, collocandovi alcuni oggetti appartenuti a Bartolo Longo o legati alla sua storia. Il Villino è posto in una zona di Pompei topograficamente più alta rispetto al centro, a poca distanza dal Santuario. Presenta una struttura in muratura, costituita da piano cantinato, piano rialzato e primo piano, di complessive dieci stanze più accessori. Vi si accede da due ingressi: il principale ha due porte in legno, nella cui parte superiore vi sono riquadri di vetro colorato (giallo e blu) e un'ampia gradinata rivestita di marmo bianco. Le facciate presentano modanature di intonaco bianco e grigio, con bugnato al piano rialzato. La collezione museale è di tipo storico e contiene l'arredamento appartenuto all'avvocato Bartolo Longo e alla consorte, la contessa Marianna De Fusco. Nel Villino sono custoditi effetti personali e altro materiale di interesse storico, attinente sia alla fondazione e all'ampliamento del Santuario di Pompei , sia ad altre attività promosse dal Beato, come la scuola di tipografia e legatoria o la scuola di incisione e intaglio. Questi oggetti sono collocati nelle diverse stanze: la ricomposta camera da letto del Beato, lo studio e una serie di preziosi cimeli storici consentono al visitatore di leggere la storia locale, attraverso l'infaticabile opera del fondatore di Pompei. Entrando, sulla parete di sinistra si trova una cartografia del XVIII secolo (Rizzi-Zanone), che illustra il territorio della Valle di Pompei prima della fondazione della città. Nella stanza a sinistra si conserva una carrozza coupée nera, simile a quella usata da Bartolo Longo nei suoi viaggi. Attraversando il corridoio si entra nello studio, nel quale si trova la scrivania, di pregevole fattura, del XIX secolo, e su di essa oggetti personali: un crocifisso in legno d'ebano e avorio del XVIII secolo, e un porta-calamaio in legno traforato del XIX secolo con la sigla B. L. Alle pareti vi sono quadri del XVIII e XIX secolo raffiguranti santi e, nelle vetrine, sono contenuti vari oggetti appartenuti al Beato: timbri e copie di documenti, un servizio di piatti in porcellana e un baule con sigla personale. La camera da letto è composta da mobili ottocenteschi: letto in tubolari di ferro, comodini con la cifra B. L., inginocchiatoio in legno, poltroncine in legno e velluto rosso; alle pareti vi sono quadri sette-ottocenteschi. Nella stanza attigua si trovano la prima campanella del Santuario per le processioni religiose, la cassaforte per i primi oboli dei devoti per la costruzione del tempio, il plastico della Basilica, alcuni calchi di gesso, con all'interno gli schizzi degli affreschi della cupola, realizzati da Angelo Landi, e il calco in gesso della statua della Madonna del Rosario, opera di Gaetano Chiaromonte, che sovrasta la facciata del Santuario. Nelle ultime due stanze sono sistemati alcuni oggetti d'uso a documentazione della vita ordinaria delle opere pompeiane: otri, pentolame e macchinari appartenuti alla scuola tipografica; alle pareti la fotografia del vulcanologo Giovanni Battista Alfano e oli su tela raffiguranti i collaboratori del Beato.
Attraverso il grande ingresso posto su Via Roma si accede al cortile interno del Santuario, dove, sulla sinistra, si può ammirare il gruppo scultoreo in bronzo realizzato dal maestro Carmelo Conte di Latiano (BR) che rappresenta il carisma pompeiano: il fondatore, le Opere e, simbolicamente, la promozione del Rosario. Proseguendo all’interno del cortile, sempre sulla sinistra, si apre il piazzale Giovanni XXIII, al quale si accede anche attraverso i corridoi del Santuario. Ai quattro angoli prati e alberi, al centro, la statua del Papa Buono, di Domenico Ponzi, posta su una piattaforma con rivestimento di manufatto cementizio a imitazione di pietra lavica. Nei viali si trovano le stazioni della Via Crucis, dello stesso Ponzi, e quelle della Via Lucis, realizzate dal maestro Giovanni Dragoni. Nei giardini sono stati sistemati due angeli del Cepparulo (già sul trono della Madonna), mentre altre sculture in bronzo ornano i cancelli d’ingresso.
Il Museo del Santuario, sito al piano interrato, a metà del corridoio est, è stato istituito nel 1900, ma ristrutturato e ampliato una prima volta nel 1970 e una seconda nel 2000, in occasione del Grande Giubileo. La collezione museale è di tipo storico-artistico e contiene prevalentemente gli ex voto del Santuario: argenti, ori, arredi liturgici, arazzi, vetri, avori, coralli, tavolette, ceramiche, presepi napoletani, armature e altri oggetti di valore, che cominciarono a pervenire a Pompei fin dalle prime fasi della costruzione della chiesa (1876-1887). L'ampia sala rettangolare è circondata da setti murali, nei quali sono posizionate ventitrè vetrine espositive. Al centro, otto pilastri circolari racchiusi in vetrate sostengono una paratia di vetro a protezione di un grande presepe in stile napoletano, di cui lo scoglio è opera recente d'artigianato e le "figure" sono del XIX secolo. Nella prima vetrina a destra, si trovano esposti un Gesù Bambino e alcune Madonne in legno e cartapesta sotto campane di vetro, busti di bronzo e vasi di porcellana. Nella seconda, terza e quarta vetrina: brocche, piatti, vasi, statuine e centrotavola in porcellana di Capodimonte e di altre manifatture. Nella quinta vetrina: vasi, centrotavola, bottiglie e bicchieri in Murano e cristallo di Boemia. Nella sesta vetrina: testi liturgici con copertina in lamina di bronzo dorato, velluto, madreperla e avorio, statuine in ceramica raffiguranti chierichetti, vasi in argento, e un leggio in legno intarsiato di scuola sorrentina raffigurante la Madonna del Rosario di Pompei. Nella settima: mattonelle, piatti e statuine di ceramica Grue-Castelli e di altre scuole italiane, e statuine d'avorio. Nell'ottava, nona e decima vetrina: icone in argento sbalzato, piatti, centrotavola e mattonelle Grue-Castelli, statuine, orologi e vasi in ceramica di Capodimonte. Nell'undicesima e dodicesima vetrina: tronetti per l'esposizione eucaristica in legno intagliato a foglia d'oro del XIX secolo, candelabri in bronzo dorato e alabastro, corone e croci. Nella tredicesima vetrina: sculture in avorio raffiguranti la facciata della Basilica, il Calvario, la Madonna del Rosario, la Natività, vasi in porcellana e bronzo e una scultura in cartapesta. Nella quattordicesima vetrina: centrotavola e statuine in porcellana italiana e straniera. Nella quindicesima vetrina: presepe napoletano, vasi in ceramica, bronzo e opalina, statuette in bronzo, centrotavola in alabastro. Nella sedicesima vetrina: vasi e statuine cinesi. Nella diciassettesima vetrina: ceri policromi e orologi in bronzo. Nella diciottesima vetrina: vasi e statuine raffiguranti bambini in argento. Nella diciannovesima vetrina: vasi, centrotavola, candelabri in argento. Nella ventesima vetrina: candelabri, statuine di bambini e portacandele in argento. Nella ventunesima vetrina: calici e ostensori in argento, oro, bronzo dorato. Nella ventiduesima vetrina: statue di Santi, Madonne e bambini in bronzo, cartapesta, legno e argento. Nell'ultima vetrina: medaglie, spadini e armi. L'esposizione, che pure ospita circa duemila manufatti, non esaurisce, tuttavia, il patrimonio storico-artistico e di ex voto del Santuario, i cui pezzi di maggior pregio vengono posti in mostra con criterio di rotazione per l'esiguità degli spazi espositivi.
I vari locali adiacenti il Santuario sono divisi da quattro grandi corridoi, dove trovano spazio alcuni dei numerosi ex voto del Santuario. Si tratta di dipinti, composizioni, oggetti, fotografie o testi, di tutti i tipi, antichi e moderni, preziosi o semplici. Tra i dipinti molti sono di pregevole fattura. Gli ex voto sono oggetti offerti a Dio, alla Vergine o a un Santo, per ringraziarli di una grazia ricevuta. Nei dipinti questo concetto è espresso con la sigla latina: “V.F.G.A.” (Votum fecit, gratiam accepit, Voto fatto, grazia ricevuta). Sono testimonianze di sofferenze che spingono l’uomo a fare un “patto” con Dio, sicuro di essere salvato dall'imminente pericolo, quando la preghiera è stata esaudita e il momento difficile superato, l'uomo è spinto a lasciare un ricordo della sua storia a lieto fine. Gli ex voto non sono solo testimonianza di grazie ricevute, ma hanno anche lo scopo della visibilità perpetua lungo i corridoi del luogo sacro, al fine di enfatizzare un miracolo e, forse, di esorcizzare il ritorno del malanno. La Nuova Pompei manca di una tradizione storico-culturale antica e, quindi, la raffigurazione della devozione alla Madonna del Rosario non s’innesta su culti locali preesistenti, ma si basa principalmente su modelli messi in circolo dalla cultura di massa del periodo dell’industrialismo. Quando cominciarono ad arrivare a Pompei i primi ex voto (il primo è del 1891) circolavano già da tempo i manifesti murali, le cromolitografie, la rèclame, i libri illustrati, i periodici, la fotografia. Sulle pareti del Santuario si viene, dunque, a creare un confronto prima, tra quadro dipinto e fotografia, poi, tra testo di scrittura e collage, infine, tra questi mezzi e l'oggettistica: la fotografia emargina gradualmente il quadro dipinto, grazie alla sua maggiore trasparenza di senso. La scrittura autografa e tipografica sostituisce il racconto iconografico delle antiche tradizioni visive. Tra le varie testimonianze ci sono quelle di bambini che hanno ricevuto la grazia e per i quali viene offerta alla Madonna una statua di cera o d'argento della sua stessa altezza e del suo stesso peso; quelle di donne che compongono su pannello i capelli tagliati per voto; di marinai scampati al naufragio che fanno dipingere nelle botteghe dei "madonnari", su tavola o tela, l'evento; di soldati che donano le armi e le bandiere di guerra in segno dello scampato pericolo; di uomini e donne che, ricevuta la grazia, donano lamine d'argento riproducenti le parti del corpo colpite dalla malattia. Solitamente gli ex voto non sono espressione creativa del devoto, ma frutto del lavoro di maestri artigiani che, con la loro manualità, cercano di rappresentare i sentimenti interiori dei committenti. Nel corridoio est, all’uscita della cappella del Beato, sono esposti, uno di fronte all’altro, due grandi quadri che racchiudono tredici pannelli realizzati dal maestro Franco Gracco, nei quali è narrata la storia di Bartolo Longo. Sulle pareti del corridoio nord si trovano, invece, preziosi stendardi, mentre a ovest c’è una statua di san Giuseppe. Di fronte, alcune statue romane (ritrovate durante gli scavi e in custodia del Santuario) a sottolineare il forte legame tra l’antica e la nuova Pompei. A seguire, un dipinto di san Raimondo di Peñafort, e quattro quadri che rappresentano il forte legame tra il Santuario e Papa Leone XIII.