Skip to main content

Storia e Arte

Il Santuario è stato costruito in tempi diversi. L’originario, a croce latina con una sola navata, fu eretto tra il 1876 e il 1891, su progetto del professor Antonio Cua dell’Università di Napoli, e misurava 420 mq. Per accogliere i numerosissimi fedeli, tra il 1934 e il 1939, durante l’episcopato dell’Arcivescovo Antonio Anastasio Rossi, il Santuario è stato ampliato, passando da una a tre navate e mantenendo la struttura a croce latina. Il progetto fu ideato dall’architetto e sacerdote Monsignor Spirito Maria Chiapetta, che ne diresse anche i lavori. Le due navate minori, che hanno tre altari per ogni lato, si prolungano sin dietro l’abside in un ambulacro arricchito da quattro cappelline semicircolari. L’insieme delle costruzioni è armonizzato da strutture contrastanti, in perfetto equilibrio di masse, studiato in modo da non subire effetti di spostamento per qualsiasi causa. L’interno, di 2.000 mq, può accogliere circa 6.000 persone. La cubatura totale è di 40.000 metri. Negli ultimi anni, il Santuario è stato sottoposto ad importanti lavori di restauro che hanno riguardato affreschi, mosaici, sculture, opere in marmo, quadri. Tali interventi hanno permesso il ritorno all’antica bellezza, velata dal passaggio del tempo e dagli agenti atmosferici. Il restauro è ancora in corso.


La Facciata

La Facciata, la cui costruzione iniziò il 15 maggio 1893, fu inaugurata il 5 maggio 1901. Eretta come monumento alla Pace Universale per volontà del Beato Bartolo Longo, è stata costruita a doppio ordine, con portico a tre arcate, su modello delle basiliche romane, in travertino del monte Tifata, in provincia di Caserta (la stessa pietra utilizzata da Luigi Vanvitelli per la Reggia di Caserta). Su progetto dell’architetto Giovanni Rispoli di Napoli, l’ordine inferiore è in stile ionico, con quattro colonne binate di granito rosa, lucidate a specchio nel corpo centrale, e capitelli marmorei sui pilastri delle arcate. Tra i due ordini corre un fregio di granito con la scritta in bronzo: “VIRGINI SS. ROSARII DICATUM”. L’ordine superiore è in stile corinzio con colonne binate di granito grigio, cornicione e timpano di mensole scolpite. Al centro si apre la Loggia Papale, ornata da due colonne in granito di Finlandia. A coronamento del finestrone della loggia, una  testa di cherubino in marmo e, più in alto, lo stemma marmoreo di Leone XIII. La facciata culmina con la statua della Vergine del Rosario alta 3,25 metri, opera di Gaetano Chiaromonte, ricavata da un solo blocco di marmo di Carrara di 180 quintali, sotto la quale sono poste le scritte “PAX” e “MCMI”. In corrispondenza dei due finestroni laterali, in due tondi, sono posti un orologio elettrico, a sinistra, e una meridiana, sulla destra. Nel pronao della Basilica si aprono quattro nicchie con le statue dei Santi Luigi Guanella (di Arnaldo Gelli – 1968), Ludovico da Casoria (di Arnaldo Gelli – 1970),  Francesca Saverio Cabrini (di Domenico Ponzi – 1971) e Leonardo Murialdo (di Domenico Ponzi – 1970).


Il Campanile

Il Campanile, opera dell’architetto e Servo di Dio Aristide Leonori, costruito tra il 1912 e il 1925 (anno in cui fu inaugurato, il 24 maggio), richiama il modello tradizionale delle torri campanarie. Il Leonori, coadiuvato dal fratello Pio, fu anche direttore dei lavori, disegnatore delle campane, dei portali e degli angeli. All’esterno è di granito grigio con elementi di marmo bianco; è realizzato in stile corinzio e composito, con cinque ordini architettonici rastremati dal basso verso l’alto, raccordati da colonne lucidate a specchio. All’interno, realizzata con mattoni pressati, è un’armatura metallica a castello sostiene una scala di ferro di 360 scalini su 36 rampe. La porta frontale è di bronzo, reca in altorilievo la scena dell’apparizione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque. Sui piedistalli del terzo ordine, si stagliano quattro angeli trombettieri in bronzo. Nel quarto ordine, in una nicchia, è posta una statua in marmo di Carrara del Sacro Cuore di Gesù, alta 6 metri. Le scritte: “VENITE A ME OMNES” e “CORDI JESU SACRUM” “ANNO IUBILAEI MCMXXV”, come le quattro fiamme agli angoli, sono di bronzo dorato a fuoco. I1 monumento è coronato da una cupola, sormontata da una croce gemmata in rame e bronzo, alta 6 metri, benedetta da Pio XI, prima del trasporto a Pompei. Nel Campanile, di 80 metri di altezza, trovano posto 8 campane realizzate dalla ditta Marinelli di Agnone (CB), con la fusione di 100 quintali di cannoni da guerra. A seguito dei danni subiti a causa del terremoto del 1980, furono eseguiti alcuni lavori di restauro e di consolidamento, durati dal 1986 al 1988. Dalla porticina posteriore del campanile, con un ascensore, si sale al belvedere, dal quale è possibile ammirare il panorama circostante.


La Piazza

Davanti al santuario si estende piazza Bartolo Longo, realizzata nel 1929. Nel lato sud si trova Palazzo De Fusco, sede del Comune. Al centro vi è una fontana e, tutto intorno, prati con diverse specie di alberi. Nell’angolo sud-est c’è il Monumento a Bartolo Longo, opera dello scultore Domenico Ponzi, inaugurato nel 1962 dall'allora Presidente della Repubblica, Antonio Segni. Dal lato opposto del giardino si trovano il busto bronzeo dello storico Ludovico Pepe, amico di Bartolo Longo, il monumento ai Caduti, la stele con il profilo di Bartolo Longo, che ricorda la costituzione del Comune di Pompei, e il monumento alle vittime dell'attentato dell'Undici Settembre. Di fronte al Santuario, è posizionata la stele commemorativa dei due pellegrinaggi a Pompei di Giovanni Paolo II (1979 - 2003). A sinistra del Santuario, davanti al palazzo della Delegazione Pontificia, è sistemato il bassorilievo bronzeo del Maestro Roberto Joppolo dedicato a “Maria Madre del Rosario e Madre della Pace”, donato da Papa Giovanni Paolo II al Santuario nel 2003.


Il Giardino

A destra della facciata del Santuario si estende un giardino di circa 1500 mq, nel quale sono posizionati busti e statue a ricordo di alcuni santi giunti pellegrini fino al Trono della Madonna. Il monumento bronzeo di San Massimiliano Kolbe (1894-1941), il sacerdote polacco, cofondatore della Milizia dell’Immacolata, morto martire nel campo di sterminio di Auschwitz, è stata realizzata dal frate francescano Tarcisio Musto. Il busto bronzeo di San Luigi Orione (1872-1940), Fondatore della “Piccola Opera della Divina Provvidenza” è stato realizzato dalla ditta “Enrico e D. Gualtiero Arrighini” di Pietrasanta (Lucca) e fu donato, nel 1997, dalla Comunità Orionina di Pompei. Il busto bronzeo di San Giuseppe Marello (1844-1895), Vescovo di Acqui (Alessandria) e Fondatore degli Oblati di San Giuseppe, fu collocato nel 1993 dalla Provincia Santa Famiglia (Italia Centro-meridionale) della Congregazione da lui fondata. È stato realizzato da Giuseppe Giannoni di Pietrasanta. Al centro del giardino, viale d’ingresso esterno alla Cripta del Santuario, è uno dei cinque angeli di bronzo, realizzati dallo scultore napoletano Salvatore Cepparulo, che ornavano l’Altare originario del Santuario.


L' Organo

Entrando in Santuario dalla porta centrale si passa sotto la Cantoria, opera dell’architetto Giovanni Rispoli, caratterizzata da bellissime sculture e dall’intaglio in oro zecchino. Sorretta da quattro colonne di marmo verde chiazzato di rosso e capitelli di marmo, vi si possono ammirare i dipinti del pittore romano Vincenzo Paliotti (1831-1894) dedicati a santa Cecilia, patrona della musica, e a gruppi di angeli musicanti. L’Organo Ecclettico Sinfonico attuale, realizzato nel 1949 dalla ditta Vincenzo Mascioni di Cuvio (Varese), ha sostituito quello originario, costruito dalla ditta del Cavaliere Pacifico Inzoli di Crema (Cremona), e inaugurato 1’8 maggio 1890. Si compone di due nuclei: uno sopra l’ingresso e uno nella cupola. Le tre tastiere hanno un’estensione di 61 tasti ciascuna, e la pedaliera è composta da 32 pedali e 87 registri sonori, 6.000 le canne, 6 combinazioni aggiustabili e 5994 memorie preparabili. La trasmissione del suono tra la consolle e i corpi fonici avviene con un sistema radiocodificato che ha sostituito il precedente elettrico. Due elettroventilatori forniscono l’aria sufficiente per alzare i 20 mantici regolatori della pressione d’aria necessaria. Nel 2005, la Ditta Mascioni ha effettuato una radicale opera di restauro che, con il rifacimento di tutte le apparecchiature in pelle, la sostituzione dell’impianto trasmissivo e un generale ripasso di intonazione, ha ridonato all’organo l’originaria efficienza e brillantezza di suono. Successivamente, nel 2011, in vista del restauro della volta del Santuario è stata smontata una parte delle canne metalliche dell'Organo "portale" ed efficacemente protette le strutture lignee della cassa. Dopo quattro anni, nel 2015, si è proceduto alla pulitura e accordatura di tutto lo strumento. 


Navata Centrale

All’ingresso del Santuario sono sistemate due acquasantiere in marmo delle marmerie di Bagneres de Bigorre, località nelle vicinanze di Lourdes. Sulla parete di fondo, sono apposte due lapidi in marmo, una in italiano, dedicata a Papa Leone XIII, e una in latino, a ricordo della consacrazione del Tempio. Nel soffitto della navata centrale campeggia l’affresco, realizzato dal pittore romano Vincenzo Paliotti nel 1888, che rappresenta l’ultimo mistero glorioso: “L’incoronazione della Vergine e la gloria dei Santi”. In alto, il trono della Santissima Trinità che incorona la Vergine, mentre, intorno, una corona di angeli le rende omaggio; in basso, puntano a Maria gli occhi dei Patriarchi, dei Profeti dell’Antico Testamento e delle donne della Bibbia, viste come prefigurazioni della Madre di Dio. Sulle quattro lunette dei finestroni laterali sono dipinti san Francesco, sant’Agostino, san Benedetto e san Domenico, mentre nell’intermezzo dei finestroni sono effigiati san Paolino da Nola e san Pio V. Un riquadro con lo stemma di Bartolo Longo e quello del Vescovo Antonio Anastasio Rossi e la scritta “A.D. MCMXXXVIII” segnano il limite dell’originario Santuario. Alle pareti, i monumenti in bronzo di Bartolo Longo, a sinistra, e della contessa, a destra, opera di Antonio Giuseppe Tonnini. In basso, sono inseriti quattro confessionali in legno, realizzati dagli ebanisti napoletani Vincenzo Trudi e Luigi Bellavita.


La grande Cupola

La cupola centrale, fiancheggiata ai capocroce da quattro cupolini, si compone architettonicamente di due tamburi sovrapposti: l’inferiore è terminato con un ciborio, il superiore è traforato da finestroni e coperto da una lanterna con cupolino. Si eleva a 57 metri di altezza e in essa è sistemato il secondo organo, collegato con quello della cantoria. L’affresco della cupola è stato realizzato  da Angelo Landi di Salò (Brescia) che volle fondere in un’unica composizione le due cupole, rendendo i due tamburi come due gironi d’ascesa verso il cielo. L’affresco, con 360 figure dipinte su 509 mq di muratura, rappresenta “La visione o sogno di San Domenico”, nel quale la Vergine fa del Rosario una mistica catena accogliendo sotto il suo manto santi e fedeli. Nella calotta inferiore domina san Domenico con attorno una folla di angeli osannanti e di santi domenicani. Lungo il tamburo che fa da base alla composizione, sono ritratti Pio X e Leone XIII, un gruppo di orfanelle, i vescovi Antonio Anastasio Rossi e Vincenzo Celli, il fondatore Bartolo Longo con gruppi di figli e figlie di carcerati, Pio XI e Pio XII, una simbologia della carità e due angeli che reggono lo stemma di Pio XII.  Sotto il cornicione della cupola si legge: “IN ME GRATIA OMNIS VIAE ET VERITATIS, IN ME OMNIS SPES VITAE ET VIRTUTIS” (In me ogni grazia di via e di verità, ogni speranza di vita e di virtù). Nei pennacchi dei quattro pilastri che sorreggono la cupola, gli affreschi dei quattro Evangelisti e, sui pilastri stessi, quattro mosaici allegorici. Nelle campate della cupola, quattro affreschi, in cornici tonde, riproducono fatti salienti della storia del Santuario. 


L' Altare della Vergine e il Trono

Il presbiterio, elevato su tre gradini, è circondato da una balaustra in marmo con colonnine e quattro cancelli. Le cinque statue del cancello centrale rappresentano la Carità, la Speranza, la Religione, la Purità e la Fede; sulle volute terminali del frontone la Giustizia e la Fortezza. Sullo zoccolo di base, in quattro nicchie circolari e una rettangolare, i simboli degli Evangelisti e, al centro, il Mistico Agnello. Davanti al presbiterio è stato posto, come ambone, uno degli angeli che ornavano l'altare originario. Due colonne monolitiche di cipollino antico sostengono l’arco maggiore. Otto colonne di marmo circondano il presbiterio, sormontate da capitelli di Carrara di finissima fattura e da pulvini in Botticino sui quali poggiano gli archi della volta dell’abside. È adornata da affreschi e mosaici della scuola d’arte dei Carmini a Venezia (1969). Un ricco fregio, pure a mosaico, raffigura le donne dell’Antico Testamento tra Angeli e Santi. Nella volta, l’Assunzione di Maria al Cielo, di Fermo Taragni. A sinistra lo stemma di Pio XI e a destra quello di Bartolo Longo. Le due lampade nel presbiterio, in bronzo, sono del napoletano Vincenzo Catello. L’Altare maggiore si eleva su una predella marmorea di cinque gradini. Sotto la mensa, tra colonnine di rosso fulvo e capitelli di bronzo dorato, il mosaico a fondo d’oro rappresentante il Mistico Agnello; ai lati gli stemmi di Bartolo Longo e della Contessa De Fusco. Davanti, un altare in vetro di Murano, realizzato dall’architetto Renato Renosto. Il trono fu costruito nel 1887. Nel 1937 fu trasferito nell’attuale sede e inaugurato il 6 maggio 1939. Si eleva da un’ampia base di marmo grigio e festoni di marmo bianco, fiancheggiato da due angeli di bronzo dello scultore napoletano Salvatore Cepparulo e da quattro colonne di marmo, delle marmerie di Bagneres de Bigorre, presso Lourdes. Le basi e i capitelli sono in bronzo. Sul gradino-alzata poggiano sei candelieri dorati sistemati su basi in bronzo rappresentanti teste di cherubini, opera ancora di Cepparulo. Su un’identica base poggia anche un crocifisso in bronzo, della ditta Alfano di Napoli, posto al centro dei sei candelieri.


Il tabernacolo

Il ciborio, su modello di un tempietto classico, è ricco di marmi e metalli preziosi: ai quattro lati, due colonne binate di colore rosso; ai lati della facciata, due mensole reggono le statuette in bronzo patinato dei santi Pietro e Paolo. La porticina della custodia rappresenta l’Ultima Cena. La copertura del ciborio è formata da un cornicione corinzio in bronzo dorato, con fregio diasprino, sormontato da un attico a balaustra dorata. Negli otto angoli, sporgenti dalla balaustra, sono collocate otto statuine di bronzo di santi e dottori della Chiesa. Sopra un tamburo circolare si erge la cupola, ripartita a costoloni cesellati e con intermezzi lavorati a traforo. Corona l’opera un lanternino, con colonnette opali, coperto da una calotta a smalto, sormontata dalla Croce. L’interno del ciborio è in oro massiccio.


Il Quadro

L’Icona della Madonna di Pompei presenta l'immagine della Madonna in trono con Gesù in braccio; ai suoi piedi san Domenico e santa Caterina da Siena. Maria reca nella mano sinistra la corona del Rosario che porge a santa Caterina, mentre Gesù, poggiato sulla sua gamba destra, la porge a san Domenico. È racchiusa in una cornice di bronzo dorato incastonata su un fondo di onice, sul quale spiccano i tondi con i 20 misteri del Rosario. I misteri gaudiosi, gloriosi e dolorosi furono dipinti dal romano Vincenzo Paliotti. I misteri luminosi, aggiunti da San Giovanni Paolo II con la lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” del 16 ottobre 2002, sono stati dipinti recentemente da Salvatore Seme, pittore di Torre del Greco esperto nell’arte figurativa sacra. Un riquadro a specchi di malachite e lapislazzuli circonda il quadro. Giorno e notte, oltre alle candele, vi ardono davanti 15 lampade a olio, a forma di rosa. L’Icona fu data a Bartolo Longo da suor Maria Concetta De Litala, del convento del Rosariello a Porta Medina di Napoli. La religiosa l’aveva avuta in custodia da padre Alberto Radente, confessore del Beato. Arrivò a Pompei il 13 novembre 1875, affidata dal Longo al carrettiere Angelo Tortora che, dopo averla avvolta in un lenzuolo, l’appoggiò su di un carro di letame. Il quadro necessitava di un restauro, che fu immediatamente eseguito da Guglielmo Galella. Fu posto alla venerazione dei fedeli soltanto il 13 febbraio 1876. Nello stesso giorno, a Napoli, la dodicenne Clorinda Lucarelli beneficiò del primo miracolo ottenuto per intercessione della Madonna di Pompei. In seguito, Bartolo Longo affidò l’Icona al pittore napoletano Federico Maldarelli per un ulteriore restauro, chiedendogli anche di trasformare l’originaria santa Rosa in santa Caterina da Siena. Nel 1965, durante il restauro realizzato al Pontificio Istituto dei Padri Benedettini Olivetani di Roma, sotto i colori sovrapposti nei precedenti interventi, furono scoperti i colori originali che svelarono la mano di un valente artista secentesco della scuola di Luca Giordano. Il quadro fu, poi, incoronato da Papa Paolo VI nella Basilica di San Pietro, il 23 aprile 1965. L’ultimo restauro, presso il Laboratorio Dipinti dei Musei Vaticani, è del 2012.


Gli Altari laterali

Le navate laterali hanno tre altari per lato. A  sinistra, vi sono quelli dedicati a san Vincenzo Ferreri, santa Margherita Maria Alacoque e san Tommaso d’Aquino. A destra, quelli di san Domenico di Guzman, san Francesco d’Assisi e sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Dietro il trono (da sinistra verso destra), quelli intitolati a santa Rosa da Lima, san Giovanni Battista de la Salle, san Pio V e santa Caterina da Siena. Nel deambulatorio, rivestito di marmi colorati, gli archi sono decorati con festoni di rose a mosaico, sui quali sono riportate le Litanie Lauretane. Nei catini degli altari laterali, ricchi mosaici con i misteri del Rosario, eseguiti dalla Scuola del Mosaico Vaticano. Nella crociera, gli altari dei protettori speciali del santuario: a sinistra, la Cappella di San Michele Arcangelo e, a destra, quella di San Giuseppe, . Nella prima, detta anche Cappella delle Vittorie, è custodito, in una maestosa cornice di marmo, un quadro dedicato all’Arcangelo, nel 1891, dal pittore bergamasco Ponziano Loverini. San Michele è raffigurato mentre caccia Lucifero con la sua spada. Al centro, nel catino, è posto il mosaico della salita di Gesù lungo il Calvario. A destra l’affresco di Gesù che apre il suo manto per accogliere nuove anime e, a sinistra, l’affresco che rappresenta Padre Reginaldo Giuliani mentre soccorre un ferito. Al centro della Cappella di San Giuseppe, invece, in una cornice marmorea altrettanto ricca, è un altro dipinto da Loverini nel 1890. Gesù e Maria assistono alla morte del Santo, assieme ad alcuni angeli in ginocchio. Nel catino, al centro, è il mosaico della Presentazione di Gesù al Tempio; a destra, l’affresco dello “Sposalizio di Maria Vergine” e, a sinistra, l’affresco della “Sacra Famiglia di Nazaret”. Tutte le tele degli altari laterali sono state di recente restaurate nell’ambito dei lavori ancora in corso in Basilica.


La Cripta

A sinistra e a destra dell’Altare maggiore si aprono due porte artistiche, realizzate nel 1891 dall’intagliatore ebanista napoletano Vincenzo Trudi, su disegno dell’architetto Giovanni Rispoli. Da entrambe si accede alla cripta della Basilica, realizzata durante i lavori di ampliamento degli anni Trenta. Al centro un Altare, con dipinti murali eseguiti da Mirco Casaril (1966). A sinistra dell’Altare, sul pavimento, la tomba di suor Maria Concetta De Litala, che consegnò il quadro della Madonna a Bartolo Longo; a destra, la tomba della Contessa Marianna De Fusco e un suo busto realizzato dallo scultore Domenico Paduano; accanto, la tomba di padre Alberto Radente, confessore del Beato e primo rettore del Santuario; sul retro, le tombe dei vescovi Vincenzo Celli, Giuseppe Formisano e Antonio Anastasio Rossi. Nel deambulatorio della cripta è sistemata la Via Crucis in terracotta, opera del Mastroianni, donata da San Ludovico da Casoria, il 17 marzo 1884. Dal 2007, riposa nella cripta anche il Servo di Dio Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo Prelato di Pompei dal 1990 al 2001, di cui, il 2 aprile 2014, è stata aperta la causa di beatificazione e canonizzazione. 


La vecchia Sacrestia, oggi Cappella Samuel

Fino al 1971 la Sacrestia si trovava alla fine della navata di sinistra della Basilica, in quella che adesso è denominata Cappella Samuel ed alla quale si accede attrverso un piccolo corridoio sulle cui pareti è posta una acquasantiera di finissimo marmo di Carrara, ornata dal bassorilievo dell'agonia di Gesù nell'orto, donata dallo scultore Poalo Ricci di Fiesole. Nella parte superiore siede l'Eterno Padre benedicente mentre con la sinistra sorregge il globo. Intorno la scritta IN NOMINE PATRIS ET FILII ET SPIRITUS SANCTI. Di fronte, una lapide marmorea collocata sulla parete, a ricordo dell'architetto Antonio Cua. Nella Cappella si trovano una statua lignea del Beato Bartolo Longo, opera dello scultore altoatesino Gregor Mussner, un prezioso lavabo di marmo con la scritta MUNDI ESTOTE e MDCCCLXXXVII e un quadro di San Girolamo.


La Cappella del Beato Bartolo Longo

La Cappella dedicata al beato Bartolo Longo è adiacente al Santuario e vi si può accedere attraverso i corridoi. È stata realizzata durante i lavori per il Grande Giubileo del 2000. Di forma quadrata, ampia 360 mq, ha il soffitto in cemento armato sagomato. Sotto l’Altare è posta l’urna con le spoglie del Beato. Egli è raffigurato in un simulacro di resina, all’interno del quale sono posti i suoi resti mortali. Fino al 2014, il volto e le mani del Beato erano in argento, realizzati dall’argentiere Franco Scarmigliati di Roma nel 1980, in occasione della Beatificazione. In quell’anno, grazie all’impegno dell’Associazione “Amici di Bartolo Longo”, si è deciso di dare un nuovo volto e nuove mani alla statua che custodisce i resti mortali del Fondatore, anche in accoglimento delle tante richieste che giungevano dai devoti. L’esecuzione di volto e mani del Beato è stata affidata allo scultore Stefano Patti da Firenze. L’artista si è ispirato alla vita del Fondatore, impegnato fortemente, insieme alla contessa Marianna Farnararo De Fusco, in opere a favore degli ultimi. Patti, ha, dunque, realizzato il volto del Beato, «rappresentandolo nel momento del sereno ricongiungimento con Dio, momento di liberazione dalla prigione terrena e conquista della beatitudine spirituale, necessaria conclusione della sua missione cristiana». Come in precedenza, il simulacro di Bartolo Longo è composto da un manichino bivalve di vetro gelcot, al cui interno sono sistemate tutte le ossa del Beato. Nella maschera di gres patinato, realizzata da Stefano Patti nel settembre 2014, sono sistemati il cranio e la mandibola, esattamente come erano state conservate all’interno della precedente maschera d’argento. Il simulacro è rivestito con un abito nero e il mantello dei Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, al quale apparteneva Bartolo Longo.


La Cappella delle Confessioni

Di fronte alla Cappella del Beato vi è la quella delle Confessioni, realizzata durante i lavori per il Grande Giubileo del 2000. Vi sono trenta confessionali in legno di ciliegio, che grazie alle più moderne tecniche di insonorizzazione, consentono sia una confessione riservata, sia il contatto aperto tra confessore e penitente. Vi sono anche tre confessionali per la confessione dei diversamente abili. Un’ampia vetrata si apre verso un giardino interno, con al centro il gruppo bronzeo della Deposizione di Gesù, opera dello scultore Francesco Pesce, di Accettura (Potenza). Di fronte all’ingresso le statue del Crocifisso, quest’ultima appartenuta allo stesso Bartolo Longo, e dell’Addolorata, donata al Beato donata al Beato da San Pio V. Sulla parete di sinistra, di fronte alla vetrata, nel dicembre 2006, è stato sistemato il dipinto che raffigura “Gesù è i discepoli”, realizzato dall’artista avellinese Mario Troncone.


La altre Cappelle

Adiacenti al Santuario vi sono altre cappelle, utilizzate per le celebrazioni dei sacramenti e per l’accoglienza dei pellegrini. La Cappella della Santa Famiglia è abbellita dal graffito che rappresenta i matrimoni tra Giuseppe e la Madonna e tra Bartolo Longo e la Contessa De Fusco, opera dell’artista veneziano Mirco Casaril (1969). La Cappella San Giuseppe Moscati misura 200 mq e, nell’abside, presenta un affresco del Santo assieme a Bartolo Longo, realizzato dal maestro Ciro Adrian Ciavolino, originario di Torre del Greco. Da circa 15 anni vi si svolgono le celebrazioni della comunità ucraina, di rito cattolico-bizantino, presente a Pompei. Il 2 giugno 2023, alla presenza di numerose Ancelle del Sacro Cuore, guidate dalla Superiora Generale, Madre Anna Diana, e del Rettore del Santuario, Monsignor Pasquale Mocerino, l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha presieduto il rito di dedicazione della Cappella a Santa Caterina Volpicelli (nella foto). La religiosa napoletana fu determinante per la conversione del Beato Bartolo Longo. Nell’occasione è stata anche inaugurata un'opera di Giuseppe Antonio Lomuscio: un olio su tela di cm 120 x 170, che mostra al centro Santa Caterina Volpicelli e intorno, il Sacro Cuore, la Madonna di Pompei, Bartolo Longo e la Contessa Marianna De Fusco. Il dipinto è stato collocato alle spalle dell'Altare.


La nuova Sacrestia

La nuova Sacrestia, alla quale si accede attraverso un vano nell’abside, è sistemata dietro il trono della Madonna. Nel breve corridoio di accesso, sulla sinistra, si trova una pregevole terracotta fiorentina in memoria di Matteo Della Corte, grande archeologo ed epigrafista originario di Cava de’ Tirreni. Sulla destra, una lapide ricorda il primo centenario della fondazione dell’Ordine delle Figlie del Santo Rosario di Pompei. Sulla parete di fronte, troviamo il monumento di san Pio X, opera di Domenico Ponzi. All’interno della sacrestia, quattro medaglioni raffigurano i dottori della Chiesa: san Giovanni Crisostomo, sant’Ambrogio, san Giovanni Damasceno, san Bernardo, tutti opera del pittore Fermo Taragni da Bergamo (1937-1938).


I Corridoi del Santuario

I vari locali adiacenti il Santuario sono divisi da quattro grandi corridoi, dove trovano spazio alcuni dei numerosi ex voto del Santuario. Si tratta di dipinti, composizioni, oggetti, fotografie o testi, di tutti i tipi, antichi e moderni, preziosi o semplici. Tra i dipinti molti sono di pregevole fattura. Gli ex voto sono oggetti offerti a Dio, alla Vergine o a un Santo, per ringraziarli di una grazia ricevuta. Nei dipinti questo concetto è espresso con la sigla latina: “V.F.G.A.” (Votum fecit, gratiam accepit, Voto fatto, grazia ricevuta). Sono testimonianze di sofferenze che spingono l’uomo a fare un “patto” con Dio, sicuro di essere salvato dall'imminente pericolo, quando la preghiera è stata esaudita e il momento difficile superato, l’uomo è spinto a lasciare un ricordo della sua storia a lieto fine. Gli ex voto non sono solo testimonianza di grazie ricevute, ma hanno anche lo scopo della visibilità perpetua lungo i corridoi del luogo sacro, al fine di enfatizzare un miracolo e, forse, di esorcizzare il ritorno del malanno. La Nuova Pompei manca di una tradizione storico-culturale antica e, quindi, la raffigurazione della devozione alla Madonna del Rosario non s’innesta su culti locali preesistenti, ma si basa principalmente su modelli messi in circolo dalla cultura di massa del periodo dell’industrialismo. Quando cominciarono ad arrivare a Pompei i primi ex voto (il primo è del 1891) circolavano già da tempo i manifesti murali, le cromolitografie, la réclame, i libri illustrati, i periodici, la fotografia. Sulle pareti del Santuario si viene, dunque, a creare un confronto prima, tra quadro dipinto e fotografia, poi, tra testo di scrittura e collage, infine, tra questi mezzi e l’oggettistica: la fotografia emargina gradualmente il quadro dipinto, grazie alla sua maggiore trasparenza di senso. La scrittura autografa e tipografica sostituisce il racconto iconografico delle antiche tradizioni visive. Tra le varie testimonianze ci sono quelle di bambini che hanno ricevuto la grazia e per i quali viene offerta alla Madonna una statua di cera o d’argento della sua stessa altezza e del suo stesso peso; quelle di donne che compongono su pannello i capelli tagliati per voto; di marinai scampati al naufragio che fanno dipingere nelle botteghe dei “madonnari”, su tavola o tela, l’evento; di soldati che donano le armi e le bandiere di guerra in segno dello scampato pericolo; di uomini e donne che, ricevuta la grazia, donano lamine d’argento riproducenti le parti del corpo colpite dalla malattia. Solitamente gli ex voto non sono espressione creativa del devoto, ma frutto del lavoro di maestri artigiani che, con la loro manualità, cercano di rappresentare i sentimenti interiori dei committenti. Nel corridoio est, all’uscita della Cappella del Beato, sono esposti, uno di fronte all’altro, due grandi quadri che racchiudono tredici pannelli realizzati dal maestro Franco Gracco, nei quali è narrata la storia di Bartolo Longo. Sulle pareti del corridoio nord si trovano, invece, preziosi stendardi, mentre a ovest c’è una statua di san Giuseppe. Di fronte, alcune statue romane (ritrovate durante gli scavi e in custodia del Santuario) a sottolineare il forte legame tra l’antica e la nuova Pompei. A seguire, un dipinto di san Raimondo di Peñafort, e quattro quadri che rappresentano il forte legame tra il Santuario e Papa Leone XIII.


Il Museo del Santuario

Il Museo del Santuario, sito al piano interrato, a metà del corridoio est, è stato istituito nel 1900, ma ristrutturato e ampliato una prima volta nel 1970 e una seconda nel 2000, in occasione del Grande Giubileo. La collezione museale è di tipo storico-artistico e contiene prevalentemente gli ex voto del Santuario: argenti, ori, arredi liturgici, arazzi, vetri, avori, coralli, tavolette, ceramiche, presepi napoletani, armature e altri oggetti di valore, che cominciarono a pervenire a Pompei fin dalle prime fasi della costruzione della chiesa (1876-1887). L'ampia sala rettangolare è circondata da setti murali, nei quali sono posizionate ventitrè vetrine espositive. Al centro, otto pilastri circolari racchiusi in vetrate sostengono una paratia di vetro a protezione di un grande presepe in stile napoletano, di cui lo scoglio è opera recente d'artigianato e le "figure" sono del XIX secolo. Nella prima vetrina a destra, si trovano esposti un Gesù Bambino e alcune Madonne in legno e cartapesta sotto campane di vetro, busti di bronzo e vasi di porcellana. Nella seconda, terza e quarta vetrina: brocche, piatti, vasi, statuine e centrotavola in porcellana di Capodimonte e di altre manifatture. Nella quinta vetrina: vasi, centrotavola, bottiglie e bicchieri in Murano e cristallo di Boemia. Nella sesta vetrina: testi liturgici con copertina in lamina di bronzo dorato, velluto, madreperla e avorio, statuine in ceramica raffiguranti chierichetti, vasi in argento, e un leggio in legno intarsiato di scuola sorrentina raffigurante la Madonna del Rosario di Pompei. Nella settima: mattonelle, piatti e statuine di ceramica Grue-Castelli e di altre scuole italiane, e statuine d'avorio. Nell'ottava, nona e decima vetrina: icone in argento sbalzato, piatti, centrotavola e mattonelle Grue-Castelli, statuine, orologi e vasi in ceramica di Capodimonte. Nell'undicesima e dodicesima vetrina: tronetti per l'esposizione eucaristica in legno intagliato a foglia d'oro del XIX secolo, candelabri in bronzo dorato e alabastro, corone e croci. Nella tredicesima vetrina: sculture in avorio raffiguranti la facciata della Basilica, il Calvario, la Madonna del Rosario, la Natività, vasi in porcellana e bronzo e una scultura in cartapesta. Nella quattordicesima vetrina: centrotavola e statuine in porcellana italiana e straniera. Nella quindicesima vetrina: presepe napoletano, vasi in ceramica, bronzo e opalina, statuette in bronzo, centrotavola in alabastro. Nella sedicesima vetrina: vasi e statuine cinesi. Nella diciassettesima vetrina: ceri policromi e orologi in bronzo. Nella diciottesima vetrina: vasi e statuine raffiguranti bambini in argento. Nella diciannovesima vetrina: vasi, centrotavola, candelabri in argento. Nella ventesima vetrina: candelabri, statuine di bambini e portacandele in argento. Nella ventunesima vetrina: calici e ostensori in argento, oro, bronzo dorato. Nella ventiduesima vetrina: statue di Santi, Madonne e bambini in bronzo, cartapesta, legno e argento. Nell'ultima vetrina: medaglie, spadini e armi. L'esposizione, che pure ospita circa duemila manufatti, non esaurisce, tuttavia, il patrimonio storico-artistico e di ex voto del Santuario, i cui pezzi di maggior pregio vengono posti in mostra con criterio di rotazione per l'esiguità degli spazi espositivi. Il 15 maggio 2023, dopo tre anni di chiusura dovuta alla pandemia da Covid-19, il Museo diocesano di Pompei ha riaperto al pubblico con il rito di benedizione presieduto dall’Arcivescovo Monsignor Tommaso Caputo. L’esposizione permanente, che era stata temporaneamente chiusa per ottemperare alle misure precauzionali richieste dall’emergenza sanitaria, nel frattempo è stata oggetto di lavori di ristrutturazione, nonché di riordino della collezione museale, ulteriormente arricchita di nuovi oggetti, in modo particolare le chiavi di alcune città visitate dalla Missione Mariana. Durante questa ulteriore ristrutturazione e risistemazione, le vetrine sono state dotate di didascalie descrittive e pannelli, in lingua italiana e in lingua inglese, che raccontano il Museo anche attraverso le parole del Beato Bartolo Longo.

Gli orari di apertura del Museo sono i seguenti: tutti i giorni dalle 8.00 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 19.30.


Il Piazzale San Giovanni XXIII

Attraverso il grande ingresso posto su Via Roma si accede al cortile interno del Santuario, dove, sulla sinistra, si può ammirare il gruppo scultoreo in bronzo realizzato dal maestro Carmelo Conte di Latiano (Brindisi) che rappresenta il carisma pompeiano: il fondatore, le Opere e, simbolicamente, la promozione del Rosario. Proseguendo all’interno del cortile, sempre sulla sinistra, si apre il Piazzale San Giovanni XXIII, al quale si accede anche attraverso i corridoi del Santuario. Ai quattro angoli prati e alberi. Superato il cancello d’ingresso, sulla sinistra è la statua del Papa Buono, realizzata dallo scultore ravennate Domenico Ponzi, posta su una piattaforma con rivestimento di manufatto cementizio a imitazione di pietra lavica. Nei viali si trovano le stazioni della Via Crucis, dello stesso Ponzi, e quelle della Via Lucis, realizzate dal maestro Giovanni Dragoni. Nei giardini sono stati sistemati due angeli dello scultore napoletano Salvatore Cepparulo (già sul trono della Madonna), mentre altre sculture in bronzo ornano i cancelli d’ingresso. Di recente, nel Piazzale, sono state collocate due stele raffiguranti il Fondatore della Basilica mariana e della Nuova Pompei, il Bartolo Longo, con accanto i bambini accolti nelle Opere di Carità da lui fondate alla fine dell’Ottocento, e la Vergine del santo Rosario. Le due nuove installazioni sono state realizzate in pietra lavica dalla ditta Ma.De.Ma di Boscoreale.


L’appartamento di Bartolo Longo

Dal 5 ottobre 2018, i pellegrini hanno la possibilità di visitare, nella Sala Offerte del Santuario, lo studio e la camera da letto del Fondatore, e di prendere visione di una copia della prima versione della Supplica che egli compose nel 1883. Il Beato dedicò tutta la propria esistenza alla diffusione della devozione mariana e alla carità, soprattutto verso i bambini e gli adolescenti orfani, poveri, figli dei carcerati. Visse in povertà. Lo conferma la sobrietà della camera: un letto, qualche mobile, le sedie, alle pareti dipinti di carattere religioso, tra cui uno che raffigura il Sacro Cuore di Gesù e uno San Giuseppe. E poi c’è un inginocchiatoio per la preghiera, che costituiva, insieme all’Eucarestia quotidiana, la fonte inesauribile di idee ed azioni concrete. Il mobilio così essenziale racconta la quotidianità di un uomo di Dio, ma anche il suo distacco dai beni materiali. Ogni offerta ricevuta, il “soldo” dei devoti della Madonna, era destinato a costruire la casa di Maria, oggi “centro internazionale di spiritualità del Rosario” (San Giovanni Paolo II) mondiale, e per sostenere i ragazzi che accoglieva negli orfanotrofi. E proprio sul letto, qui esposto, l’avvocato Bartolo Longo morì, a ottantacinque anni, il 5 ottobre 1926. Nello studio, invece, Bartolo Longo scrisse tante delle sue opere, a cominciare da “I Quindici Sabati del Santissimo Rosario” del 1877. Nel luglio 1879, per chiedere la guarigione da una grave malattia, compose “La Novena d’impetrazione alla SS. Vergine del Rosario di Pompei” e, nello stesso anno, a grazia ottenuta, “La Novena di ringraziamento” (preghiere recitate, ancora oggi, in tutto il mondo). Sempre qui scriveva gli articoli per il periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei”, il cui primo numero fu stampato a Napoli il 7 marzo 1884, ancora oggi diffuso in oltre duecentomila copie. Il Beato non si fermava alle pubblicazioni, ma redigeva tanti testi personali: lettere, inviate ad esempio a santi come Giovanni Bosco, Pio da Pietrelcina, Giuseppe Moscati, Luigi Guanella, Annibale Maria di Francia, ma anche riflessioni scaturite, durante la Messa, dall’ascolto di un’omelia.